A quanto pare circa il 90% delle app gratuite presenti sullo store di Google trasmettono dati direttamente ad Alphabet, compagnia della stessa Google che a sua volta li fa girare per le diverse compagnie del gruppo. A scoprirlo è uno studio universitario che dimostra una situazione assolutamente fuori controllo per il sistema dei dati. Secondo i ricercatori, che hanno utilizzato 959mila app , circa l’ 84% di queste aveva degli strumenti così detti tracker capaci di mandare i dati personali al sistema di alphabet.
I dati in questione finiscono così nelle mani dei principali attori del settore, Facebook, Twitter, Amazon, Verizon e così via. Come al solito però la cosa non è dichiarata in modo del tutto trasparente e l’utente acconsente a un trattamento dati che va ben oltre quello che viene descritto.
Le informazioni diffuse riguardano sesso, posizione geografica, dispositivo usato e altre app presenti nel telefonino. Lo studio contesta l’utilizzo opaco dei dati e, soprattutto la scarsa trasparenza dal momento che l’utente non viene esplicitamente informato.
L’ennesimo caso quindi di utilizzo errato dei nostri dati personali, una specie di patto col diavolo che tutti noi utenti abbiamo stretto nel momento in cui abbiamo creato i nostri profili. La situazione sta diventando sempre più insostenibile e foriera di polemiche su polemiche dal momento che, questo tipo di violazione, salta fuori ormai a cadenza settimanale.
Urge forse che vengano riscritte le regole e che i colossi del web si siedano a un tavolo con le autorità per valutare di nuovo la direzione che sta prendendo l’imponente mercato dei dati e delle identità.
Un brutta notizia per noi androidiani, che ci sentiamo un po’ traditi dal nostro sistema operativo. C’è anche da dire che, quando un prodotto è gratuito e di qualità, bisognerebbe porsi delle domande su quale sia la fonte dei suoi guadagni.