Sembrerebbe essere questa l’intenzione di Big G in merito ai suoi dispositivi Android One, lanciati nel lontano 2014 sui principali mercati Asiatici e giunto poi anche su quelli Americani ed Europei.
Si tratta di dispositivi che si posizionano su di una fascia di prezzo piuttosto bassa, e quindi competitiva, e che Google avrebbe dovuto utilizzare come veicolo per aumentare la diffusione del proprio sistema operativo. Nella realtà dei fatti questi dispositivi non hanno mai permesso alla società di Mountain View di perseguire quello scopo, principalmente per il fatto di aver posizionato diversi paletti per quanto riguarda la costruzione degli stessi dispositivi. La mossa che Google si appresta a compiere è quella di eliminare queste restrizioni e permettere ad ogni produttore di decidere l’hardware da montare, la risoluzione dello schermo, il tipo di processore e addirittura la fascia di prezzo di riferimento.
Questa strategia può rivelarsi vincente per un motivo molto semplice: lasciare maggiore libertà ai produttori di Android One permetterà a loro di riuscire a raggiungere meglio il target prefissato, ma soprattutto permetterà a Google di concentrare il focus sul lato software, migliorando le prestazioni e lavorando sulla tempestività del roll out degli aggiornamenti, uno dei nervi scoperti di Android (l’ultimo sistema operativo, Android Marshmallow, è diffuso solo sul 7.5% dei dispositivi).
L’ultima causa, ma non ultima in termini di importanza, è quella relativa al fatto che Google, per la costruzione dei dispositivi Android One, abbia preso accordi con piccoli produttori locali, e non con colossi del settore come Samsung o LG. Crollerà anche questo paletto? Staremo a vedere!